venerdì 20 gennaio 2012

La cucina furba, conclusioni e proposte

Dopo che i post su Gattuso e la miastenia hanno fatto il record di visioni per il blog e mi sono trovata come primo risultato di ricerca (!) alla faccia del giornalismo italiano, torniamo a noi.

Avevamo lasciato in sospeso la "cucina furba" dopo i primi due post. Tutto era nato da un commento ad una ricetta di Benedetta Parodi (di cui ormai mi sparo le trasmissioni in endovena tutte le sere, un giorno il Radioamatore mi butterà giù dal divano).
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In realtà, ora confesso, lo stimolo mi era venuto dall'intervista di una nota guru dei programmi di cucina, che ha avuto parole sprezzanti sia per la Parodi che per Alessandro Borg(h)ese.

Quello che mi ha colpito è stata una frase: parlando della Parodi, la signora ha dichiarato "‘che ci vuole a fare quel piatto lì?’ Mah”.

Bhé, peccato che la "Cucina furba" sia anche questo. Poter preparare un piatto in poco tempo senza insozzare tutta la cucina e senza abilità date da anni di fornelli (come ha giustamente detto la 'povna, la Parodi non è una cuoca, ma nemmeno la sottoscritta lo è).

Su Alessandro Borg(h)ese posso dire di meno, l'ho iniziato a seguire nel periodo di forzata permanenza a casa, ma anche lui propone ricette semplici e che si distaccano dalla tradizione costruita a tavolino.

Ammettiamolo, da una decina di anni ci stanno facendo una capa tanta in tv con "Le ricette della nostra tradizione"; il problema è che la "nostra tradizione" risale spesso al secondo dopoguerra (la pasta alla carbonara docet) e cambia da paese a paese.

Ricordo con gioia crudele quando delle signore campane fecero fare una figura barbina a Beppe Bigazzi che aveva disprezzato una Pastiera fatta anche con la crema pasticcera: peccato che in alcune zone della Campania sia quella la ricetta tradizionale (pensate che lo sapevo anche io, me lo aveva detto una conoscente napoletana doc che mi aveva edotto sulle varie pastiere).


Invece esistono altri tipi di cucina, che a volte stranamente possono piacere al palato italiano, ed usano qualche scorciatoia. La Parodi spesso si ispira agli USA, Borg(h)ese anche si fa tentare dall'etnico, e l'Arabafelice ha introdotto in tempi non sospetti (almeno da 5 anni) ricette statunitensi (confesso!!! Lurkavo il celebre forum di cucina dove postava).

Quindi se siamo liberissimi di usare la planetaria ed il pecorino di fossa, lasciateci liberi di giocare con il frullatore ad immersione ed il formaggio spalmabile. Sporchiamo di meno, abbiamo meno da pulire ed abbiamo più tempo di far altro.

Sì, perché un punto cruciale è il tempo: la cucina furba permette di utilizzare il proprio tempo come si vuole. Dalla lettura integrale del Talismano con esecuzione del cous cous tradizionale alla carbonara (tipico esempio di piatto il cui condimento si prepara durante la cottura della pasta, un must della cucina furba), il tempo è tornato ad essere nostro.

Se si lavora e si ha una casa da mandare più o meno avanti, la cucina deve rimanere un piacere: nel Contaminuti, l'autrice Elena Spagnol esprime un concetto bellissimo: la cucina non deve essere abnegazione, ma piacere. Se un giorno non si ha voglia di cucinare, il tormento almeno deve durare poco.

Ecco un'altra definizione di cucina furba: cucina che ci restituisce il tempo. Il che di questi tempi non è poco.




6 commenti:

  1. Accidenti, mi hai pure citato nel post :-)
    Inutile dire che condivido in pieno ciò che scrivi.
    In media stat virtus, diceva qualcuno prima di noi: e quindi credo che la via di mezzo mai come in questo campo sia quella da percorrere.
    Insomma, mica ci si deve per forza schierare da una parte o l'altra: saltellare tra tutte le miriadi di opzioni che abbiamo, dalla più tradizionale alla..furbata mi sembra decisamente meglio.
    E se ci guardagniano in tempo, allora ben venga!

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  2. Sono d'accordo sia con il tuo post, sia con l'Araba felice.
    Pratico (velocemente, ma quello è una questione fisiologica) la cucina tradizionale e quella furba (e, ti assicuro, molte volte basta semplicemente avere pratica per evitare di sporcare tutta la cucina). La questione che imputo alla Parodi (ma che imputo anche alla Moroni, se è per quello) non è di metodo, ma nel merito. Per essere cuochi (o fare delle buone ricette) ci vuole la testa, l'occhio, la capacità di sentire gli accostamenti. Poi quegli accostamenti li puoi fare con i surgelati o la basta sfoglia fatta in casa, ma devono essere 'cucina'. In questo, lo ripeto, penso che tanto Anna Moroni quanto la Parodi non siano cuoche. Una perché attua la famosa tecnica: ci metto dentro tutto e poi lo rifriggo. E allora è chiaro che di sapore è buono, perché fritte anche le ciabatte di mi' nonna. Ma non c'è ricetta, non c'è ricerca, non c'è idea. L'altra perché i suoi accostamenti sono raccapriccianti all'origine, una specie di evoluzione degli anni Ottanta più perversi.

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  3. quanto amo i tuoi post...e la leggerezza della Parodi...che come ho detto altrove cuoca non e'...ma neppure io...e... grande il contaminuti...e perche' no...rimanendo in tema tempo...la pentola a pressione, sempre Spagnol...

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  4. Interessante il discorso sulla cucina tradizionale che è in realtà del secondo dopoguerra. Sarebbe bellissimo riuscire a ricostruire quella realmente tradizionale da un lato e l'altra dall'altro. Ormai sta diventando storia pure quella. Furbo va benissimo ma non transigerei sulla qualità dei prodotti: andare di parmissimo (il parmigiano grattato in bustine, come mi pare consigliasse di fare la Spagnol raccomandandosi "di nascosto") non mi convince proprio.

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  5. Allora, ci sono tre cose in cucina che mandano in bestia l'Economa:

    Il surrogato di parmigiano
    Il formaggio a pasta filante spacciato per mozzarella
    Le fialette di aromi

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  6. Posso aggiungere alla lista le sottilette, che mandano in bestia me ( compreso tutto il resto, si intende)?

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