domenica 24 gennaio 2016

Occasionale. Accessorio.

La notizia del millennio è il ritorno trionfale nella blogosfera di LaFrangia

So già che con questa notizia il post sarebbe già fatto, ma oggi ho deciso di rovinarvi (e rovinarmi) la domenica e parlarvi diffusamente dei voucher, o del Lavoro occasionale e accessorio. Voi direte giustamente che se ne è occupato già qualcuno più autorevole prima di me, ed avreste pienamente ragione. Però, dato che non sono una giornalista, ma un'Economa Domestica, vi parlerò dell'argomento in maniera terra terra e cattiva cattiva. 

La storia del lavoro occasionale e accessorio nasce con la cosiddetta Riforma Biagi (il cosiddetta è voluto, il contributo del povero Biagi in quella riforma è tutto da discutere); il concetto è semplice e positivo, si tratta di far emergere dal nero nerissimo tutta una serie di lavori e lavoretti per cui la vera e propria assunzione è complicata burocraticamente e che hanno una durata temporale limitata. La lista di questi lavori era ridotta, ma, come si sa, la strada per l'Inferno è piena di buone intenzioni, e quindi nel 2012, con la riforma Fornero, pali e paletti sono caduti e la "platea dei beneficiari" si è drammaticamente allargata. 

Ora.

Il fatto che una ragazza che per pagarsi gli studi arrotonda come baby sitter, giardiniera, raccoglitrice di mele,  il ragazzo che passa i suoi pomeriggi a dare ripetizioni, il pensionato che fa lavoretti da manutentore possano tutelarsi un minimo se durante questi compiti hanno un incidente, e vogliano crearsi un minimo di montante contributivo è cosa buona e giusta. La realtà è che per come si sono messe le cose, la prima cosa è garantita, la seconda è molto più difficile da raggiungere: il cosiddetto voucher è costituito da un pezzo di carta termica dal valore di euro dieci o multipli (da nessuna parte è scritto che un voucher equivale ad un'ora di lavoro, ma per consuetudine ormai "usa così"). Di questi 10 neuri, al lavoratore vanno 7,50 euro, il resto serve a coprire i contributi Inps/Inail e l'aggio del venditore. Per il momento il discorso è lineare: la normativa copre tutta una serie di casistiche in precedenza non considerate e tutela un minimo persone che al contrario sarebbero vissute in un limbo totale.

In un mondo perfetto sarebbe finita qui; non siamo in un mondo perfetto. 
Quello che non traspare è che i voucher, coprendo per definizione prestazioni occasionali e accessorie, non garantiscono una serie di diritti quali malattia, maternità, NASPI, e chi più ne ha più ne metta. Vabbé, direte voi, ma creano un montante contributivo. Sììììììì, certamente, ma, come vi ho detto, committenti e prestatori (nomi tecnici) hanno una serie di limitazioni nell'accesso a questa forma di lavoro e questo si riflette anche sulla pensione.  

Fino al 2015 un lavoratore poteva arrivare ad un massimo lordo di circa 6000 euro percepiti in voucher, e un'azienda non poteva retribuire per più di 2000 euro la stessa persona con i voucher; dal 2016 i limiti si sono alzati. Capite bene che, sussistendo l'unico obbligo di registrare il voucher prima dell'inizio della prestazione (ed anche questo non è proprio proprio chiaro), il giochetto di registrare un singolo buono lavoro e retribuire il resto della giornata fuori busta sia diventato un vizietto molto diffuso e che libera i committenti da quasi tutti i rischi in caso di ispezione (è stato ribadito dal Ministero del Lavoro che l'unico limite all'utilizzo dei voucher è quello reddituale). 

Il montante contributivo? Il minimo per farlo valere è di essere retribuiti durante l'anno solare per una somma pari o superiore al minimale per gli iscritti alla gestione separata: circa 1.100 euro. Ora, dato il concetto espresso sopra, capirete pure voi che le persone che riescono a raggiungere questa cifra siano più o meno quanto i panda giganti. Nella migliore delle ipotesi, sarebbero coperti sei mesi (ricordiamo il limite annuo di retribuzione in voucher) e, dando un'occhiata a come funziona la totalizzazione, capirete bene che il pensionato manutentore dovrebbe avere una serie di colpi di fortuna fotonici per riuscire ad aggiungere quanto maturato con i voucher a quanto percepisce in un'altra gestione. Sui giovani non mi azzardo nemmeno a fare previsioni.


Allora, cui prodest? 

Ai datori di lavoro, chiaro, che assumeranno sempre meno stagionali (nelle zone turistiche c'è un giro di voucher impressionante ed in continuo aumento).

Ad alcuni lavoratori che sanno già che non avranno una pensione in Italia e che vogliono i soldi pochi, maledetti e subito (penso alle persone che hanno lavori discontinui nell'assistenza domestica, nel turismo e nell'agricoltura), diventati all'improvviso decisamente appetibili per un datore di lavoro.

All'ente previdenziale, che si vede sgravato dall'onere delle prestazioni a sostegno del reddito legate alle forme di lavoro dipendente in tutte le sue molteplici sfaccettature (sì, anche quello a chiamata. Sì, anche quello intermittente. Sì, anche quello in somministrazione. Sì, anche quello interinale).

Ai tabaccai e alla banca ITB, che stanno gestendo un aggio incredibile (la banca ITB era un mistero misterioso fin quando non ha iniziato a manovrare il flusso di denaro dei voucher).

Chi perde in questo gioco?

Una figura è chiara: il lavoratore medio, a cui sono state assottigliate le tutele (assottigliate è un eufemismo per azzerate, ma, come vi ho spiegato, per la facciata data a questo tipo di lavoro un minimo di protezione c'è, soprattutto per gli infortuni).

Un'altra è meno ovvia: i consulenti del lavoro e gli studi associati addetti alle buste paga. Stanno facendo fuoco e fiamme. Non esistendo più tante buste paga, la loro figura sta svanendo (in molte zone nel periodo di punta turistico e agricolo erano oberati di cose da fare, ora molto meno).

Forse mi verrà in mente qualche altra cosa sull'argomento. Per il momento mi fermo qui, in attesa dei vostri dubbi, perplessità, incertezze.