Quando Enrico Mattei arrivò nel 1945 ad essere nominato commissario liquidatore dell'Agip (Azienda Generale Italiana Petroli), questa era un carrozzone di stato fondato nel 1926 dal regime fascista.
Nei successivi 18 anni Mattei trasformò il "carrozzone" in una delle aziende più moderne al mondo; tra le innovazioni più sconvolgenti dell'epoca ci fu quella di creare un sistema di welfare per i dipendenti e i loro parenti, attraverso assicurazioni, dopolavoro, colonie per bambini (in realtà la prima colonia Agip risale al 1936, quella di Cesenatico) e villaggi vacanze.
Nel 1954 iniziò ad acquistare una serie di terreni a Borca di Cadore, a pochi chilometri da Cortina, in provincia di Belluno. I terreni erano su un pendio franoso, con un valore scarsissimo, e gli impiegati della sede centrale di Roma dovettero faticare non poco per cercare tutti i proprietari, alcuni dei quali emigrati ai quattro lati del mondo.
Affidò ad Edoardo Gellner il progetto per il Motel Agip di Cortina e, soddisfatto del risultato, creò assieme a lui il concetto di un villaggio vacanze per i dipendenti.
Gellner pianificò delle villette le cui fondamenta permettevano loro di "galleggiare" sulla frana. Piantò un bosco, in modo tale da rendere le strutture invisibili dalla strada ed integrate con un paesaggio alpino stupendo. Creò strutture comuni, come le colonie ed il campeggio per i figli dei dipendenti. In collaborazione con Carlo Scarpa, eresse una chiesa, Nostra Signora del Cadore, che rappresenta probabilmente il più importante esempio di architettura sacra in Italia nel secondo dopoguerra. Fu la prima chiesa con l'altare verso i fedeli, per dirne una.
Sono passati cinquanta anni dal progetto, delle 600 villette previste ne sono state effettivamente costruite 260. Dopo la morte di Mattei, il villaggio è stato di proprietà dell'Agip fino agli anni novanta, quando le ville sono state vendute a privati (e, grazie al Cielo, vincolate sotto tutti gli aspetti storico artistici e paesaggistici), mentre le strutture comuni hanno avuto un destino di abbandono.
Ogni tanto, le troupes televisive documentano questo sogno meraviglioso, soffermandosi su quanto sia stato visionario e innovativo.
Sabato l'Economa è andata a Borca. Voleva vedere la chiesa. Voleva vedere quella chiesa, di cui tanto aveva sentito parlare da chi aveva acquistato i terreni e aveva ricevuto il legno dall'Africa che ne costituisce il pavimento. Voleva vedere il luogo dove era Micha l'orso, col vizio di allungare le zampe sugli operai che lavoravano al villaggio e aveva avuto una dermatite difficile da curare. Voleva dar vita alle parole di tante persone che quel villaggio lo hanno tirato su, con le carte burocratiche, con i contratti d'acquisto, con le mani nude, i lavori da carpentiere e fabbro, con le litigate con Gellner per il trattamento del legname.
Sapeva che le villette sono proprietà privata, ma sperava nella chiesa.
Risposta dell'ufficio turistico di Borca: "Il frate custode non c'è più, non sappiamo chi abbia le chiavi".
Per chi fosse interessato, questa è la situazione del più importante bene artistico prodotto dall'uomo sulle Dolomiti patrimonio dell'Umanità.