martedì 27 gennaio 2015

sabato 24 gennaio 2015

Ricette furbe: gli occhi di bue

Sin da piccola ho avuto una passione smodata per gli occhi di bue (quei bei biscottoni butirrosi con la marmellata di pesche che ingrassano solo a guardarli) ed oggi me li sono fatti da me.

Dato che la mia autostima dopo l'esecuzione è salita a mille, scrivo la ricetta.

Ingredienti

400 grammi farina 00
125 grammi burro
200 grammi zucchero
2 uova
1/2 cucchiaino lievito per dolci
Marmellata a piacere
Cioccolato fondente
Latte

Attrezzatura

Teglia da forno
Cartaforno
Mattarello
Carta trasparente
Stampini
Una forchetta
Un cucchiaio

Procedimento

Setacciare la farina e fare la fontana; mettere il burro a pezzetti nell'incavo (basta toglierlo dal frigo qualche minuto prima data la lavorazione che andremo a fare) ed iniziare a "sabbiare". Bisogna, con la punta delle dita, sfregare burro e farina fino ad ottenere una serie di briciole abbastanza piccole: a questo punto ri-fare la fontana, rompervi le uova, aggiungere lo zucchero e il lievito ed iniziare prima a mescolare le sole uova, poi ad unire gli altri ingredienti con la forchetta.

Ad un certo punto la forchetta non sarà più d'aiuto, ed avrete due opzioni: lavorare la pasta con una spatola di silicone (e sarebbe la migliore) o con le mani freddissime. Quale sia il risultato, dopo poco tempo l'agglomerato di briciole si unificherà e diverrà una pasta bellissima. Tipo questa. Smettete immediatamente di lavorarla.



Ora, dopo esservi compiaciuti con voi stessi, avvolgere nella carta trasparente il capolavoro e mettetelo in fresco (anche in frigo) per almeno 30 minuti.

Dopo il riposo, con l'aiuto del mattarello e del minimo indispensabile di farina stendere la pasta a circa 3/4 millimetri di altezza e con l'aiuto di un coppapasta professionale ricavate dei dischi. Impastare velocissimamente di nuovo i ritagli e continuare fino ad esaurimento. Con un altro coppapasta professionalissimo ricavare degli anelli da metà dei dischi. 

Qui si vedono i due super coppapasta
Preriscaldare il forno a 170°/180° e porre i vostri biscotti su una teglia coperta di carta forno; quando il forno sarà arrivato a temperatura, infornare per una ventina di minuti (io ho dovuto fare due infornate). Non si scuriranno molto, saranno pronti ai primi segni di colore bronzato.


Lasciateli freddare (sono fragilissimi appena usciti dal forno) e farciteli con marmellata a piacere; dalla foto, in cui apprezzerete il mio disturbo ossessivo compulsivo, noterete che con i "buchi" ho fatto dei biscotti accoppiati (in mezzo c'è cioccolato fondente sciolto con pochissimo latte).




Gnam!


lunedì 19 gennaio 2015

Lunedì Film: Per un pugno di dollari. Sergio Leone

Roma nella prima metà degli anni sessanta era un posto interessante. Cinecittà nella prima metà degli anni sessanta era un posto interessante. Finita la "Hollywood sul Tevere", finita la "Dolce vita", rimanevano in circolazione alcuni professionisti che dalle produzioni statunitensi avevano ricavato un bagaglio professionale notevole. E scenografie avanzate dai kolossal. Il Peplum, per chi è una personcina fine, o il Sandalone, per chi masticava quel mondo del cinema, aveva permesso di sfornare decine di film dalla trama assai fantasiosa, ma che davano da mangiare ad esercenti, registi, attori, scenografi eccetera. Spesso gli italianissimi lavoratori usavano pseudonimi americani (più tardi incontreremo Bob Robertson, Don Savio, John Wells).

Uno dei registi di sandaloni era un figlio d'arte, Sergio Leone, che aveva ottenuto un discreto successo con "Il colosso di Rodi" e conosceva molti validi professionisti. 

Qui inizia la parte misteriosa della storia. Nel 1963 qualcuno va a vedere un film di Akira Kurosawa: La sfida del samurai, e ne consiglia la visione a Leone. Sono in tanti a contendersi questo onore (Enzo Barboni e Sergio Corbucci sono in pole position); Leone va, vede, e rimane entusiasta.
Decide di creare un trattamento su questo samurai doppiogiochista, e invece di ambientare il tutto a Creta o ad Atene, per l'ennesimo film in costume, sfrutta un altro filone in decadenza negli USA e abbastanza fiorente in Europa, a causa degli scenari perfetti offerti dall'Andalusia: il Western. All'inizio del 1964, con il titolo provvisorio de "Il magnifico straniero", la sceneggiatura è pronta e viene sottoposta alla Jolly Film. Qui il mistero continua: non si sa come, il tanto necessario acquisto dei diritti del film di Kurosawa non avviene, e, ottenuto un modesto budget grazie ad una coproduzione Italo-Tedesco-Spagnola (che giustifica i numerosi attori teutonici presenti), Leone girerà un film copiato scena per scena da quello di Kurosawa.

Gli attori da ingaggiare dovevano avere a quel punto una ferrea caratteristica professionale: costare poco. Gian Maria Volonté, grande attore di teatro, era nei guai finanziari per una produzione teatrale andata malissimo, e viene via con poco. Apparirà come John Wells, ed in un'intervista a "L'Unità" burlerà questo film che stava girando solo per soldi. Il protagonista, invece, sarà un osso duro da scegliere: costava troppo Richard Harrison, attore americano di Peplum, idem per Cliff Robertson. Charles Bronson e James Coburn nemmeno presero in considerazione la sceneggiatura. Lasciamo perdere Henry Fonda.

Un'addetta della William Morris di Roma, Claudia Sartori, propone per 15.000 dollari un attore che era stato protagonista in un western televisivo statunitense: Rawhide. Leone non è convinto pienamente, ma Clint Eastwood è alto e costa poco, e per ora va bene così.

Il set è in Spagna, ed è condiviso con una produzione (Le pistole non discutono), su cui la Jolly Film puntava molto di più e che aveva budget maggiore.  Cosa mancava? Uno scenografo, scelto per caso, Carlo Simi, che per colpo di fortuna era ferrato in architettura messicana, e un autore di colonne sonore. 
Ennio Morricone non colpisce Leone, anche se scoprono al primo appuntamento di lavoro di essere stati compagni di scuola elementare. Ma quello c'è.

Il film viene girato con grosse difficoltà, perché i co finanziatori spagnoli si tirano indietro, ma nell'estate 1964 la pellicola è pronta per il mercato. Viene acquistata da un solo cinema a Firenze, con grande opera di convincimento di Leone. Questi film rimanevano in cartello al massimo una settimana, e questo sembra il destino del "Magnifico straniero", che nel frattempo è diventato "Per un pugno di dollari". 

Gli incassi del fine settimana sono modesti, ma il lunedì accade qualcosa. 

Gli incassi salgono, e salgono nei giorni a venire. 

Leone convince il proprietario del cinema a tenere su il film, e dopo due settimane inizia a girare per Roma, dicendo che a Firenze il film è un successone (ed è vero); il passaparola aveva convinto sempre più gente a vedere quel film a basso costo. Che era, cinematograficamente parlando, rivoluzionario. Non seguiva i canoni del western americano, con i buoni e i cattivi lindi e pinti, e non seguiva il codice Hayes, che non permetteva di inquadrare contemporaneamente lo sparo e la vittima che cadeva. Non ci sono praticamente donne, e quelle che ci sono non corrispondono allo stereotipo di angelo del west. Il film "monta", e arriva nel grosso giro cinematografico con incassi eccezionali. 

E qui casca l'asino, anzi, casca il samurai. Perché i legali di Kurosawa si arrabbiano assai: il film è un plagio bello e buono, parte la causa di risarcimento danni. 

Cosa fanno gli avvocati della Jolly Film? Sostengono che c'è un archetipo comune ai due film, un archetipo occidentale. Gli avvocati nipponici ribattono: "Ah sì, e quale?". Silenzio. Tonino Valeri salva un po'il tutto, richiamando agli avvocati "Arlecchino servitore di due padroni" di Goldoni. 
Pari e patta, si conclude con un accordo tra le parti, Leone dovrà una bella fetta degli incassi a Kurosawa.

Il film parte per il mondo, partono le carriere di parecchie delle persone che abbiamo citato e parte anche la Trilogia del dollaro, di cui riparleremo.

Con questo "mattone" di post partecipo al Lunedì Film di Iome!

domenica 11 gennaio 2015

E io ci sto

E'stato un bel post di IoMe (che di bei post ne sforna continuamente) a darmi l'ispirazione.

La chiusura è questa: 

Il motto di quest’anno? Il motto di quest’anno sarà ‘Fare’. Cosa? Cosa non so. Ma fare, senz’altro. Fare per me, fare per che amo, fare per la collettività.
Fare, in vostra compagnia, sarà comunque un piacere.

Il 2014 è stato un anno molto difficile per noi, ma è stato anche l'anno in cui mi sono accorta che so fare: fare per gli altri, fare per me, fare per la collettività. 

Cosa so fare? Prima di tutto il grigio burocrate: mi viene benissimo, davvero, sono un fenomeno. E quando devi lottare contro la burocrazia per persone che hanno veramente bisogno di aiuto, bhé, allora l'essere un grigio burocrate diventa un'arma incredibile. 
Quindi farò il grigio burocrate per gli altri: compilare moduli, seguire una procedura, monitorare una pratica sarà una delle mie priorità.

Poi? Il responsabile del settore acquisti, promozioni e concorsi a premi. L'anno scorso questa mia attività ha reso assai, e ho capito che organizzare un gruppo di gestione moltiplica non solo le capacità di vincita, ma anche quelle di risparmio. Me stò a' allargà, in soldoni, e vediamo cosa succederà. Ho un'agenda (ovviamente dell'anno scorso) su cui ho iniziato a segnare spese, vincite, estrazioni di cui sono in attesa. Tireremo le somme a fine anno. 

Fare? Fare ordine: nei documenti, negli armadi, nei cassetti. Preparo i documenti per la dichiarazione dei redditi (ovviamente autocompilata) a febbraio. Voglio portare questa mia capacità in altri settori. Non è facile, ma ci proviamo.

Altri propositi verranno man mano, ma è un inizio. Siamo personcine per bene, e spero che il concetto di "Anno del Fare" possa portare a qualcosa, forse ad un prossimo "Anno del Miglioramento" sociale. 

Penso che possa essere un'idea.

... e scusate vado di fretta. 
 

mercoledì 7 gennaio 2015

Je suis Charlie

Eugène Delacroix. La Liberté guidant le peuple. Particolare

domenica 4 gennaio 2015

L'Economo budino al cioccolato

All'Economa piace il budino al cioccolato. 
Al Radioamatore, no.

Quindi la soluzione "Compra le bustine e fattelo" non può essere praticata. Da qualche tempo allora la soluzione è diventata "Fattelo da sola con una ricetta furba".

Premessa: la consistenza è un po'più morbida del budino in bustine, anche perché ho sempre usato come addensante la farina (quello avevo sotto mano e quello è andato nella miscela). Nulla proibisce di sperimentare con altri addensanti, anche gluten free.

Ingredienti

  • 1 tazza di latte
  • 1 cucchiaio di zucchero
  • 1 cucchiaio di farina
  • 1 cucchiaio di cacao amaro (uso quello olandese)

Attrezzatura

  • 1 tazza (quella del latte, da circa 200 cc.)
  • 1 cucchiaio di legno
  • 1 fornello

Mescolate nel pentolino le tre polveri, eliminando più grumi possibile (quelli del cacao "sono tosti"). Aggiungete a filo parte del latte freddo, per ottenere una pastella densa ed omogenea. A questo punto mettete il resto del latte e ponete sul fuoco (non vivacissimo), mescolando finchè il budino non sarà denso.

Versate nella tazza e fate raffreddare (prima a temperatura ambiente, poi in frigo). GNAM. 



sabato 3 gennaio 2015

... per il resto sono una buona a nulla

Non è possibile.

E'una vita che succede. 

Da qualche giorno è tornata.

Basta che abbia un momento libero e ZAK, è fatta.

La scusa perfetta, anche grazie al materiale strategicamente messo in borsa. 

Sono negata in tutto, meno in una cosa.

Quella maledetta, insopportabile, irresistibile, inarrestabile malefica.

La voglia di studiare.

Ed ora scusate, devo fare un riassunto ed uno schemettone. Così poi ripeto al Radioamatore.

giovedì 1 gennaio 2015

Sarò breve

Buon anno. 

Per noi il 2014 è stato un anno difficile, speriamo che il 2015 sia almeno parzialmente palta free.