domenica 1 febbraio 2015

Lunedì film: Febbre da Cavallo

Come nasce un film di culto? Cosa porta una pellicola di cassetta a diventare un successo a venti anni dall'uscita nei cinema? 

Con questo mio contributo per Lunedì film (che, penso, mi costerà l'espulsione immediata e motivata dalla rubrica) vorrei mettere in chiaro alcuni punti che, pur esistendo numerosissima letteratura sul film, non sono ancora stati analizzati. 

Parliamo di Febbre da Cavallo. 



Sarà una narrazione strutturata in tre parti: la prima intende far luce sul film e sugli attori, ed è ambientata nel 1976, la seconda è un intervallo che copre i destini dei protagonisti dal 1976 al 1995, la terza invece sul suo improvviso successo a metà degli anni novanta, e qui posso dire orgogliosa "Io c'ero".

La trama è semplice: tre amici, Bruno Fioretti detto "Mandrake", attorucolo e indossatore, Felice Roversi, parcheggiatore e Armando Pellicci, detto "Il Pomata", ex fantino, sono ossessionati dalle scommesse e dall'ippica. Quando, invece di puntare sulla Tris suggerita a Gabriella, fidanzata di Mandrake, da una cartomante ed effettivamente vincente, piazzano una scommessa su Antonello da Messina ("E lo guida Bocconi") perdendo un colpo da venti milioni ("Me servono 20 mijoni Mafa', 20 mijoni"), hanno l'unica possibilità di rifarsi facendo vincere il Gran Premio degli Assi a Soldatino dell'Avvocato De Marchis. 

A leggerla, una semplice trama da commedia come tante. Allora, perché? Partiamo dall'inizio. 

1976

Avete presente tutte quelle commedie a basso costo che escono sotto Natale con protagonisti comici televisivi? Febbre da Cavallo nasce come uno di questi film di cassetta. Perché a posteriori è facile dire "Uehlà, un film di Steno con Proietti e Montesano, chissà quanto sarà costato, e che successone sugli schermi!": in realtà, dopo l'epoca d'oro del sodalizio con Sordi e Totò (almeno sul piano economico, perché su quello della critica i due attori erano ancora ben poco considerati), Steno dirigeva anche tre film l'anno e non sempre dei capolavori o dei successi al botteghino ("Anastasia mio fratello" del 1973 fu firmato Stefano Vanzina, quasi volesse dividere questo film drammatico dal resto della produzione). Gigi (nei titoli Luigi) Proietti ed Enrico Montesano erano nel 1976 rispettivamente un attore soprattutto teatrale il primo (quasi travolto dal ruolo di Aldemar in "Alleluja brava gente" del 1970 ottenuto come sostituto improvvisato di Domenico Modugno) e televisivo il secondo (aveva inanellato una serie di successi in trasmissioni in cui faceva da spalla alla grandissima e mai troppo rimpianta Gabriella Ferri). Eh, ma c'era anche Adolfo Celi, l'Emilio Largo di Thunderball; sì, ma anche Celi (immenso attore e regista teatrale che aveva passato anni in Brasile) era spesso protagonista in televisione. Se nei primissimi anni settanta girò sia lo sceneggiato "Joe Petrosino" che un filmetto dal titolo "Amici miei", era in quel periodo più famoso per il primo che per il secondo (il Sassaroli! Non mi consideravano il Sassaroli!). Gli altri attori erano o emergenti (Marina Confalone aveva 25 anni e veniva dalla compagnia di Eduardo), in una fase di transizione (Catherine Spaak, da ninfetta a signora della televisione italiana) o solidi caratteristi (Mario Carotenuto, 167 titoli su IMDB).

Quindi "Febbre da cavallo" in origine era un film di cassetta, destinato ad una decente durata sugli schermi, ad incassare dignitosamente e a perdersi ben presto nel dimenticatoio come tante altre pellicole. Cosa che fece.

Intervallo

Io non so se sia stato "Febbre da Cavallo" a portar fortuna, ma  per i due protagonisti il 1976 diviene un anno magico. 

Gigi Proietti, assieme a Roberto Lerici, autore di "Fatti e Fattacci" che nel 1975 aveva portato l'attore romano ad intraprendere un interessante sodalizio con Ornella Vanoni, scrive un one man show che doveva rimanere in cartellone per sei giorni, dato che il genere in Italia non era molto conosciuto e apprezzato. Peccato che il titolo dello spettacolo fosse "A me gli occhi, please", ancora ricordato come una delle pietre miliari del teatro capitolino: 300 repliche, e carriera di Proietti decollata definitivamente.

Enrico Montesano, nel 1977 è protagonista di "Quantunque io", spettacolo televisivo trasmesso a colori di Rai 2 (gli spettacoli con la Ferri erano girati a colori, e così li vediamo nell'archivio Teche Rai, ma erano trasmessi in bianco e nero perché la televisione a colori in Italia iniziò nel 1977). Anche qui, enorme trampolino per l'attore romano, che diviene un volto popolarissimo di cinema, teatro e tv per tutti gli anni ottanta.

L'opera di Steno viene presa di nuovo in considerazione.... quando i figli Enrico e Carlo diventano i precursori del cinepanettone, inanellando una serie di successi di cassetta e costume per almeno un decennio.

Adolfo Celi entra nel mito grazie al Sassaroli, pur passando per una triste esperienza televisiva con "I Borgia" nel 1981 (trasmessa nel Regno Unito, la serie soffrì molto per la pronuncia poco british di Celi, e viene ricordata come un fiasco); ne viene rivalutata tutta l'opera.

La Spaak lancia nel 1988 "Harem" e lo conduce per 15 anni con garbo e classe. 

Marina Confalone appare in una robusta serie di film, e gradisco più ricordare "Così parlò Bellavista" (in cui è perfettamente in parte) rispetto a "Il Marchese del Grillo" in cui è stereotipata. 

Ennio Antonelli (Manzotin), noto volto della Cinecittà meno blasonata, era stato caratterista nel vanziniano Sapore di Sale e attore non protagonista nel ruolo di Spartaco Sacchi ne "I ragazzi della terza C", serie televisiva ancora ben impressa nelle giovani menti. 

Passano gli anni ottanta, passano i primi anni novanta ed arriviamo al....

1996

Gigi Proietti ottiene un enorme successo come "Maresciallo Rocca": parte con 8 milioni di spettatori, chiude con 15 milioni. La serie viene promossa da Rai 2 a Rai 1 ed è un fenomeno televisivo.

MA

Non esistono solamente le grandi stazioni televisive, ne esistono anche di locali; a Roma da qualche anno è popolare Super 3 (che ha purtroppo cessato le trasmissioni nel 2013), soprattutto per il suo buon portafoglio di cartoni animati anche dedicati ad adolescenti e giovani adulti (ci passeranno anime come Ranma 1/2). Quindi parecchi universitari sclerati bazzicavano quel canale soprattutto all'ora di merenda, circa verso le 17.00, quando i neuroni hanno bisogno di una pausa dopo ore passate a litigare con lo studio. Tra di loro, la scrivente e il di lei fratello, allora entrambi facenti parte della categoria.

A metà pomeriggio Super 3 trasmetteva dei film a basso costo, ed in un periodo ne ruotava due: il primo era "Due strani papà" con Pippo Franco e Franco Califano, regia di Mariano Laurenti, con una storia comunque interessante da raccontare. E'una commedia del 1984 mai uscita nei cinema, perché al momento della distribuzione il Califfo fu coinvolto in una brutta vicenda giudiziaria per cui passò qualche tempo in carcere, prima di venire totalmente prosciolto nel 1987. I grandi spettacoli televisivi del Bagaglino inizieranno proprio in quell'anno e Pippo Franco vivrà una stagione di record di ascolti: la sua carriera cinematografica, anche quella in gran parte sotto l'ala di Pingitore, viene un po'tralasciata e "Due strani papà" entra direttamente nel circuito delle tv locali. 

Il secondo è "Febbre da cavallo". Il virgulto universitario capitolino medio (e il virgulto universitario fuori dal GRA medio) iniza a memorizzare intere parti dei dialoghi; a mensa, si inizia a parlare citando le battute. La VHS del film (eh già, siamo nel periodo pre youtube, ma in cui c'era già la possibilità di fruire dei film a casa), rarissima, diviene merce di scambio preziosa (io ce l'avevo!). 
Si iniziano a cercare le location del film (ancora oggi a volte c'è più gente davanti al Gran Caffé Roma che alla scalinata dell'Ara Coeli lì di fronte). Il vecchio film di cassetta con attori televisivi era maturato in un buon film con attori famosissimi, un regista finalmente apprezzato ed una serie di situazioni e dialoghi esilaranti.  

Inizia la sua storia di film cult, con cui partecipo ai Lunedì Film di Iome (che avrebbe ragione a lapidarmi a causa dei miei gusti cinematografici).  


« Chi gioca ai cavalli è un misto, un cocktail, un frullato de robba, un minorato, un incosciente, un regazzino, un dritto e un fregnone, un milionario pure se nun c'ha na lira e uno che nun c'ha na lira pure se è milionario. Un fanatico, un credulone, un buciardo, un pollo, è uno che passa sopra a tutto e sotto a tutto, è uno che 'mpiccia, traffica, imbroglia, more, azzarda, spera, rimore e tutto per poter dire: Ho vinto! E adesso v'ho fregato a tutti e mo' beccate questa... tié!. Ecco chi è, ecco chi è il giocatore delle corse dei cavalli. »









1 commento:

  1. E secondo te, non l'ho visto? Pure il remake, in realtà. E Steno, non dimentichiamolo, è pure il papà dei Vanzina, mica paglia. E i Vanzina saranno la colonna di uno dei prossimi lunedì :)

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