domenica 11 luglio 2010

Una domanda alle prof in ascolto

Oggi ho messo in ordine alcuni vecchi quaderni di scuola (elementari e medie).

Ho trovato:

Le regioni italiane
Le nazioni europee
L'Iliade e l'Odissea riassunte canto per canto
Quaderni e quaderni di analisi logica e grammaticale
Quaderni e quaderni di esercizi di matematica
Temi e riassunti
Ricerche (fatte con l'aiuto di enciclopedie cartacee) su geografia, musica, scienze e roba varia

Mi sono anche ricordata che la mia prof delle medie ci faceva fare i compiti in classe con le cartine mute, ed erano dolori.

Perché allora i ragazzini di oggi pensano che Sirmione sia in Turchia?

9 commenti:

  1. Perchè non studiano e hanno altri pensieri, convinti (a torto) che quello che si studia a scuola non serve nella vita! :-/

    Un po' di colpa l'hanno certi porfessori! :-(((

    Pensieri di una mamma che ha apprezzato l'impegno di certi professori e subito i pregiudizi e l'ignoranza di altri! :-D

    Ciao, R

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  2. vogliamo parlare di un ingegnere che è convinto che Sanremo sia in provincia di Rimini?

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  3. O di una maestra che non sa dov'è Sondrio e che posiziona l'Inghilterra appena sopra la Spagna???

    Ciao, R

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  4. Perché un ragazzino di oggi sa che può trovare la risposta facilmente (grazie a una googlata su un pc, un i-phone, o un i-pad...); e che quindi non è così importante studiarla.

    L'unico caso in cui questa informazione non potrebbe essere immediatamente reperibile, e quello in cui un gigantesco asteroide precognizzato da qualche Maya portasfiga si abbatta sulla terra, distruggendo metà della popolazione umana e annientando la nostra tecnologia (ovviamente all'asteroide è possibile sostituire qualsiasi sfiga a scelta, dalla tempesta solare duratura a un'epidemia mortale e mondiale)... Ma in qualsiasi di questi casi non so se mi preoccuperei molto di dove sta Sirmione.

    Insomma, siamo sicuri che - forse forse - qualche ragione non ce l'abbiano anche loro? :)

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  5. penso anche io che, in qualche modo, la risposta abbia (anche) a fare (al di là delle cose già dette e condivisibili più decisamente scolastiche) con un cambiamento cultural-antropologico del modo di imparare, ma anche di quello di percepire ciò che un tempo chiamava "enciclopedia". In qualche modo l'enciclopedia individuale di un singolo, oggi, in un paese avanzato occidentale, tende a essere molto mobile, rapida, veloce, tendente più alla capacità di saper trovare ciò che serve più che a quella di sapere ciò che si sa. Gli studenti sono figli del loro tempo, anche in questo. Ma che il secolo breve ha spazzato, oltre al pensiero forte, anche l'enciclopedia forte. E su questo bisognerà fare i conti nella maniera migliore, consapevoli che certo non è (solo) un beve. Ma che indietro e basta non si può tornare.

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  6. Perché, essenzialmente, credo che ai nostri tempi ci fossero classi di trenta persone dove si stava zitti e fermi ad ascoltare la maestra (o la professoressa) che spiegava (esempio) italiano, storia, geografia, punto.
    Faccio un esempio: come si facevano i riassunti?
    Io ricordo questo: fate il riassunto di.
    C'era chi imparava, e chi no, e si andava avanti.
    Attualmente io do qualche indicazione sul riassunto in prima, e faccio almeno (almeno!) una decina di lezioni-ore in seconda media. E spiego i registri linguistici, ad esempio, e le funzioni (poetica, fatica, regolativa, ecc.). E insegno che la cronaca si scrive con una determinata tecnica, diversa dalla pagina di diario, o dalla lettera. E che la lettera scritta a un compagno è diversa da quella scritta a un adulto o al sindaco (altre lezioni-ore).
    Dopodiché, io tornavo a casa con le schede del Corrierino (che ho ancora oggi) sulla scienza, la filosofia (!), la storia di questo e di quello, la botanica, la geografia, tutte cose che ribattevano e rafforzavano le conoscenze.
    E al telegiornale si parlava italiano, mentre io oggi spiego le doppie (un'ora al massimo di spiegazione vera e propria ed esercizi, più il tentativo di correggerle per tutto il resto dell'anno) e i miei alunni vanno a casa e possono sentire, mezz'ora al giorno, cinque giorni la settimana, dieci mesi all'anno, la signora Barbara Palombelli che saluta la sua amica regggista Robbberta Tal dei Tali. Secondo voi, quale delle due cose rimarrà in testa ai miei alunni?
    Senza contare che, se voglio spiegare l'Odissea e ne chiedo il riassunto, ho la fila dei genitori fuori dalla porta che protesta per i poveri bambini che non hanno tempo per fare una cosa inutile.
    E se chiedo di comprare un libro di narrativa da 8.90 euro, ho la fila dei genitori che mi chiedono se è proprio proprio necessario.
    E se voglio spiegare la grammatica e la buona scrittura, la ministra mi dice che devo anche spiegare tutte le leggi costituzionali (che lei ignora), e fare attività pratiche (per le quali mi toglie le ore), insegnare la salute, il codice della strada, l'uso del telefonino, eccetera eccetera.
    Tutto in ore sempre diminuite perché, come dice Gelmini,"meno quantità, più qualità".
    Poi è anche vero che certe informazioni si trovano dovunque. Il problema è che spesso non si sa dove cercarle, e anche questa cosa dovremmo insegnarla a scuola.
    Con classi da trenta alunni che sono stati abituati 8in generale) a parlare quando ne hanno voglia, ad ascoltare soltanto se costretti, ad andare in palestra/danza/calcio/judo/piscina invece che stare a casa a studiare un po', e che, quando l'insegnante pretende educazione, studio (anche degli stati d'Europa e di tutte le loro capitali, perché no?), rigore e impegno, hanno i genitori che dicono: "ma che cosa vuole ancora quella là?"

    Scusate la lungaggine, eh...

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  7. @Gavagai:
    Perché un ragazzino di oggi sa che può trovare la risposta facilmente (grazie a una googlata su un pc, un i-phone, o un i-pad...); e che quindi non è così importante studiarla.

    Può valere per Sirmione o per i Malavoglia, ma non certo per il corretto uso della lingua italiana o inglese o per le basi di matematica, fisica, chimica.
    Perché poi vagli a spiegare che il suddetto iPhone ("quello pe' i gabelli", dice Totti) non può cuocere un uovo perché non produce abbastanza watt.
    O che basta una password di 10 caratteri anziché 8 per ridurre di 676 volte la probabilità di intrusione.

    @La prof:
    Senza contare che, se voglio spiegare l'Odissea e ne chiedo il riassunto, ho la fila dei genitori fuori dalla porta che protesta per i poveri bambini che non hanno tempo per fare una cosa inutile.
    E se chiedo di comprare un libro di narrativa da 8.90 euro, ho la fila dei genitori che mi chiedono se è proprio proprio necessario.


    Ecco, questo è uno dei problemi. Insomma, è vero che l'Odissea è inutile :-) ma che se la sbrighino gli alunni con l'insegnante, i genitori possono farsi i Cat Ceeloaraw (meno noti cugini del celebre Cat Sitwoy).
    E se sono troppo piccoli per protestare loro stessi, pazienza: la prendano come un'occasione per imparare che a volte (anche troppo spesso!) bisogna fare anche cose inutili per guadagnarsi la pagnotta. Con l'"intervento divino" dei genitori non si fa altro che rinviare questa fondamentale lezione di vita.

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  8. Alle parole de LaProf che condivido pienamente, aggiungo un altro elemento, che ha caratterizzato l'esperienza scolastica di chi, come me, è andato a scuola nel Giurassico inferiore (cominciai la scuola media nel lontanissimo 1961...): la SELEZIONE.
    Quell'anno, il primo senza gli esami di ammissione alle medie, per i quali la mia saggia e anziana maestra ci stava preparando (5 alunne su 28) appositamente, ci fu un aumento spropositato di iscrizioni, al quale i docenti risposero con un altrettanto spropositato numero di bocciature. Nella mia prima media, su 31, fummo promosse in 14 (quattordici!), 13 a giugno ed una a settembre, la quale poi venne bocciata l'anno successivo...
    Certo che eravamo preparate, ma a che prezzo!! Sorvolo sull'atteggiamento di gran parte degli insegnanti nei nostri confronti, ma a quei tempi nessuno si poneva il dubbio se le frustrazioni fossero così necessarie ad una sana crescita psicologica.
    Io, che ero una studentessa 'media', ho avuto sì solide basi culturali, ma nello stesso tempo ho maturato un'avversione tale nei confronti di alcuni insegnanti (quella di lettere in primis), che sono diventati i modelli negativi ai quali ho cercato di non riferirmi mai nei miei successivi 38 anni di lavoro dall'altra parte della cattedra.
    Serietà, certamente, ma con rispetto reciproco. E, pazienza se qualcuno dei miei studenti ha sbagliato (o sbaglia ancora) a 'posizionare' Salerno nella giusta regione o non sa dare la giusta definizione di 'verso endecasillabo'...
    P.S. Anch'io mi sono dovuta 'sorbire' il riassunto quasi integrale di Iliade ed Odissea, lavoro che ho odiato con tutte le mie forze, tanto che non rileggerei quei testi di Omero neppure sotto tortura...

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