Ce l'avevo in mente da un po', la double feature libro e film. Sì, perché mi è venuta in mente la mia infanzia, quando sotto Natale trasmettevano i film animati di Asterix ed io ero delusa dalla voce dei doppiatori, perché nella mia testa Obelix aveva un timbro che non corrispondeva a quello che fuoriusciva dalle casse della TV.
Quindi parliamo de "Il Gattopardo", film del 1963.
Cosa dire del film di Visconti? Per prima cosa taglia tre macro sequenze: una è la visita di Padre Pirrone al paese natale, le altre due sono invece la morte del Principe e la cupa conclusione del romanzo. Il film finisce narrando l'alba della mattina dopo il ballo, con il presagio di morte che aleggia su Fabrizio senza essere portato a compimento.
L'ambientazione è magnifica, girata in gran parte in veri palazzi nobiliari (un consiglio, se vi capita di essere ai Castelli Romani visitate il Palazzo Chigi di Ariccia, dove è girato il dialogo tra il Principe e Chevally, poiché conserva alcuni pezzi unici quali le tappezzerie in cuoio), con un'attenzione particolare ai costumi. Claudia Cardinale ricordava le piaghe procurate dal busto (aggeggio che ha provocato ecatombi, non scordiamolo, poiché comprimeva gli organi interni in nome di giro vita minuscolo).
Burt Lancaster, non la prima scelta di Visconti per il ruolo di Fabrizio e quasi imposto dalla produzione nell'inutile speranza di un successo di cassetta del film negli USA, diviene IL Gattopardo, con un trucco che addirittura crea una somiglianza con un felino, giganteggiando in tutto il film, quasi come nel libro.
E'su Tancredi e Angelica che trovo qualche pecca: bellissimi e giovanissimi, Delon e Cardinale potrebbero ben rappresentare la doppiezza dei personaggi (il primo, più che la seconda, fanno lampeggiare appena in qualche scena il profondo cinismo), ma Visconti non calca questo aspetto, evidenziando lo splendore più che la crudeltà. Molto più azzeccato il Cavriaghi di Mario Girotti (non ancora Terence Hill ed una delle tante ossessioni estetiche di Visconti), meno malizioso dei brillanti siciliani a cui deve far da paravento e pregno di un'innocenza che non si trova nella tormentata Donnafugata.
Il troncamento della trama non permette a Concetta (Lucilla Morlacchi, più attiva nel teatro che nel cinema) di esprimere la sua moralità tutta gattopardesca (nel senso della famiglia Corbera, non in quello successivo), chiudendosi nell'immagine di innamorata delusa.
Un film che ha infine un incredibile pregio: pur durando più di tre ore (nella versione estesa), scorre sempre piacevole ed interessante. Da vedere e, se si ha davanti una lunga serata invernale o un caldo pomeriggio estivo, da rivedere con piacere.
Per i Lunedì film di Iome.
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7 anni fa
ma sai che non l'ho mai visto?
RispondiEliminaGuarda, dura tre ore, ma passano in un lampo! Te lo consiglio. Anche perché Alain Delon ai tempi d'oro è sempre un gran bel vedere.
EliminaA minuti ne iniziamo la proiezione per questo lunedì di Cinescuola!
RispondiEliminaProf posso venire anche io? Mi metto in ultima fila, buona buona....
EliminaCerto! Ma niente ultima fila, ti vogliamo a copresentare!
EliminaMa poveretti che hanno fatto di male?
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