Questo è un post sull'Economa's life. Probabilmente non ve lo sareste mai aspettato, dato l'argomento.
Io ho tante amiche virtuali insegnanti di ogni ordine e grado. Ho anche tante amiche e parenti insegnanti di ogni ordine e grado. Io non sono un'insegnante, ma spesso mi capita di sentire storie assurde raccontate da loro; storie di ogni tipo, ovviamente, ma spesso sono narrazioni, virtuali o a me vicine, che parlano di alunni con disabilità.
Oggi è stata LaNoisette, e non lei sola, a farmi riflettere; i fatti di cronaca sono noti, quello che è meno noto è lo sgomento dell'insegnante da lei descritto (e sottolineo insegnante, perché per le persone che hanno trattato un ragazzo con disabilità in maniera indegna il termine non è adatto).
Il rapporto tra disabilità e scuola è complesso, e su questo non ci piove; il fatto è che il rapporto tra disabilità e mondo esterno è un casino, e il "Sistema Italiano", tanto avanzato sul piano legislativo, sta mostrando i suoi punti deboli sul piano pratico.
Io ho vissuto in prima persona, e sto continuando a vivere sia come diretta interessata che come studiosa, la disabilità e la scuola, l'università, il mondo del lavoro e un po'di esperienza l'ho guadagnata.
Sono undici anni che L'Economa si occupa dell'argomento come addetta ai lavori (come diretta interessata sta per varcare il ventennale), probabilmente sul territorio nazionale è una delle poche persone che sulla materia abbia una visione precisa, sia sull'aspetto normativo che pratico. E'una visione per cui ho lavorato, riflettuto e rielaborato. Vi avverto, non è una visione buonista, non è un messaggio positivo. Il punto basilare è uno: non tutte le persone con disabilità sono uguali, quindi appiattirle tutte nel calderone crea solo danni, non permettendo l'assistenza a chi ne ha bisogno, né l'autonomia a chi vuole raggiungerla.
Stringere tutti i bambini con disabilità in un concetto astruso di "sostegno scolastico" nel nome dell'"integrazione" ha portato alla stessa situazione che il collocamento obbligatorio degli anni sessanta-novanta aveva creato nel mondo del lavoro. Appiattire le qualità delle persone, senza aiutare quelle più in difficoltà. Una persona con disabilità psichica o intellettiva non ha le stesse necessità di una con disabilità motoria, e quella con disabilità motoria non ha le stesse di una con disabilità sensoriale. Ovviamente, quando viene assegnato un insegnante di sostegno non viene abbinato al bambino secondo una specifica preparazione (sulle ipovisioni, ad esempio), ma in base a criteri cabalistici non ben definiti. Appiattire. Quindi lo scopo della legge 104 (nota ai più per i mitici "tre giorni") è andato a donne di malaffare, poiché lo scopo sarebbe di rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona con disabilità di esercitare in tutti i campi dell'essere le proprie capacità.
Ed ecco che ci troviamo che un bambino ipovedente, che ha bisogno del lettore/sostegno perché la scuola non è accessibile (quindi per un torto della scuola stessa), potrebbe vedere il suo test INVALSI non valutato perché tenuto con l'extra time, o che viene visto come "fortunato" perché può studiare con il tablet (peccato che gli serva perché più versatile di un libro cartaceo). Appiattire. O trovare un ragazzo con sindrome di Down parcheggiato in palestra con un insegnante di sostegno piazzato lì con una graduatoria a caso. Appiattire.
Il problema è che io vedo il dopo. Vedo un'Italia in cui la percentuale di persone con disabilità diplomata e laureata è infima e in cui le aziende chiedono di assumere persone che abbiano skills, con e senza disabilità.
Eppure le associazioni chiedono ancora il "lavoro per tutti", mentre la disoccupazione tra persone con deficit dell'udito e della vista si sta impennando in maniera paurosa. Le associazioni rispondono chiedendo una legislazione più stretta sull'obbligo di assunzione, quando nell'attuale mondo del lavoro è assolutamente anacronistica e inapplicabile. Appiattire. Collocare gli incollocabili. Ho visto recentemente degli esperti lamentarsi perché le aziende richiedono persone da assumere in quota di riserva laureate, con master, di bella presenza, con conoscenza lingue. Fico. Lamentarsi. Appiattire. Strano che le persone con disabilità con quelle caratteristiche spesso siano chiamate per contratti a tempo indeterminato, non è vero? Peccato che siano drammaticamente poche, perché le associazioni ben poco han fatto per aiutare le persone con disabilità nel percorso scolastico superiore e universitario.
Quindi capite che secondo me il problema del sostegno così come è concepito sta creando una generazione di persone con disabilità, giovani adulte, spaesate.
Iniziando sin dall'asilo a differenziare le persone con disabilità per offrire loro le migliori possibilità didattiche a seconda del proprio tipo di menomazione (lo so che l'ICF ha abolito questo termine, ma l'ICDH secondo me è più concreto) si segue un percorso personalizzato che porta al massimo le capacità di ogni ragazzo con disabilità. Ah già, perché dimenticavo, non tutte le persone con disabilità sono uguali, nonostante una certa visione dell'"Eroismo del Disabile" voglia farlo credere. Alcune vanno assistite, per altre invece è necessaria la rimozione degli ostacoli (il maledetto handicap) che non rendono la persona in grado di competere ad armi pari con gli altri alunni. Eppure nessuno ha pensato di dividere il sostegno secondo specialità (insegnanti per persone con disabilità sensoriali, motorie, psichiche....); no, vai con il calderone. Ah, non tutto è calderone: per i DSA ci sono norme apposite. Quindi il bambino/ragazzo certificato DSA ha diritto al computer, e quello con malattia degenerativa deve lottare per averlo.
I ragazzi con disabilità ad un certo punto poi si trovano nel buco delle scuole superiori in cui i professori non sanno spesso che pesci pigliare, perché non è più scuola dell'obbligo e l'università (che ha una legislazione specifica a riguardo) è lontana. Parcheggio per persone con disabilità intellettive e psichiche e scarso stimolo per quelle con disabilità motorie e sensoriali, per dire. Appiattire.
Qual è il succo del discorso? E'che ogni ragazzo con disabilità dovrebbe avere il diritto ad una scuola che tenga conto delle sue particolari esigenze. Una scuola che si renda conto che non tutte le persone con disabilità sono uguali, e che debbono avere mezzi differenti. Insegnanti specializzati con i controfiocchi. Strumenti informatici. Un Ministero con un ufficio normativo che spacca e degli esperti di didattica "per tutti" (tradotto dal "for all" anglosassone).
Insomma, bisogna prendere quella caspita di legge 104 del 1992 e leggerla da capo a fondo tentando di applicarla. Senza buonismi. Senza appiattire. E'arrivato il momento di tirare fuori gli artigli nel mondo della disabilità; alcuni lo hanno già fatto, ma sono pochi, molto pochi. Il concetto di assistenzialismo nel mondo del lavoro aveva reso troppe persone con disabilità satolle di diritti. Ce li hanno erosi man mano, e alcuni non se ne sono ancora accorti. O si ricomincia dalla scuola, o stavolta ragazzi siamo veramente fritti.
Da Verona, con Dolcezza
5 anni fa
applausi.
RispondiEliminaGiustissimo quello che dici, ma parliamo anche di pregiudizi che ci sono nei confronti del disabile "certificato" tale. Se sei su una sedia a rotelle, cieco, insomma se la tua disabilità è visibile non fa paura come quando è "invisibile". Prendi me: disabile al 100%, laurea in economia e commercio, presenza, andavo ai colloqui e facevo un figurone, ma poi? Dove sta il trucco? Appena dicevo che soffro di epilessia, vedevi lo sgomento e la sorpresa in volto. E poi tanti saluti. Non fosse stato per un concorso pubblico con le quote di riserva addio posto di lavoro nuovo e soprattutto a tempo indeterminato a 42 anni suonati dopo la chiusura della ditta dove ho lavorato per 10 anni. E' vero, come dici tu. che ad essere laureati (materie economiche e giuridiche) e disabili eravamo in 10. Ma il pregiudizio non lo sconfiggi solo con le leggi. E con questi chiari di luna se parlo a qualche persona nella mia situazione della normativa sul lavoro per i disabili non mi stupisco se mi sento rispondere; "sei matta, e poi dove lo trovo uno che mi assume" e ti senti raccontare storie di discriminazione sull'ambiente di lavoro da brividi.
RispondiEliminaLa 104 applicata sul serio sarebbe bello. Ma lo puoi fare solo con reali politiche di sostegno e sviluppo della economia in generale: la 104 smetterà di essere i 3 giorni per il lavoratore e obblighi e vincoli per il datore di lavoro.
Hai ragione: si deve tornare tutti a scuola, io disabile per prima
Elisa
Soldi, soldi, soldi. Una delle basi del problema è questa. Ma non è l'unica, perché tempo fa c'erano più soldi ma non c'erano le scuole per il sostegno (cioè, per istruire adeguatamente chi avrebbe fatto l'insegnante di sostegno) o quelle che c'erano venivano chiuse e gli insegnanti di sostegno scelti dalle graduatorie permanenti dei precari, o "formati" con il corsetto trimestrale o semestrale. Formazione molto generica, immagino. E mi sono sempre domandata anch'io perché tutti i certificati sono uguali davanti alla legge, quando invece tutti trovano normalissimo mandarti al reparto ortopedico se ti rompi una gamba e a cardiologia se invece hai un infarto.
RispondiEliminaFunziona (o meglio NON funziona) esattamente come la legge Basaglia. O anche la 194, se vogliamo: ottimi propositi di base, e poi coniugare il verbo arrangiarsi. Prima ancora che i soldi, a volte mi sembra che manchi il buon senso.
Sottoscrivo tutto, dalla prima all'ultima riga!
RispondiEliminaNe parlavo qualche giorno fa, riguardo all'inserimento all'asilo del nipotino con "grave ritardo del linguaggio". La neuropsichiatra, ha detto che non firmava carte per la richiesta del sostegno perché il bambino non ne ha bisogno, le maestre dell'asilo (anziane tutte e due hanno due tipi di approccio quasi agli antipodi), ho sentito che in Svezia ai bambini così, già in età di asilo nido insegnano il linguaggio dei segni e mandano anche una delle insegnanti a imparare il linguaggio dei segni . . . in pratica, non solo gli insegnanti, come dice Noisette, sono soli, ma anche i genitori che (la mamma) ha dovuto fare lei da "sostegno" fino a Natale, è rimasta in classe tutti i giorni per mediare fra le maestre e il bambino. Tra l'altro le maestre avevano paura che diventasse violento, mentre è un bimbo affettuoso (e adesso se lo spupazzano tutte e due) solo che non parla . . . ma comunica in altri mille modi.
RispondiEliminaMi chiedevo, in base a certe mie esperienze, se un caso così, per un periodo breve non sarebbe stato meglio in quelle che una volta erano le scuole "speciali" dove pochi bambini erano seguiti da una maestra molto specializzata! Ma, come al solito, mi è stato spiegato che poi si formano i ghetti . . . ma, altre esperienze, so che in certi casi, se non c'è l'orario del "sostegno" molti di questi ragazzi vengono affidati alla bontà d'animo dei bidelli o messi davanti una televisione.
Economa, scusa . . . tu hai già detto tutto e bene, posso linkare questo tuo post su Fb??? ;-)
Ciao, Fior
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